Italiani di Kerč'. La famiglia Pergolo

Per la storia degli italiani di Kerč'. I Pergolo - da Trani, a Kerč', a Genova. Di Francesco Pergolo


Forsan et haec olim meminisse iuvabit… (Virgilio, Eneide)

a Gaia, Manlio, Marta, Micaela, Nicoletta, Paoletta

Storia Famiglia Pergolo

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Scritta con documenti reperiti tra le carte di famiglia, anche grazie al prezioso ausilio di Alla che ha contribuito con informazioni, documenti e traduzioni in italiano della corrispondenza in lingua russa.

La lettura degli eventi, anche se concisi, mostra che per i casi della storia – la rivoluzione bolscevica e la seconda guerra mondiale – chi ci ha preceduto ha molto sofferto e molto ed onestamente lavorato per permettere alle nostre generazioni di vivere dignitosamente.

A loro va il nostro ringraziamento e l’impegno della memoria.

Note:

–          Gli usi e costumi meridionali, mantenuti nella comunità italiana in Russia, hanno comportato la tradizione di battezzare i figli con i nomi degli avi, da qui il ripetersi nelle generazioni di molti nomi di battesimo, in particolare Antonio e Gaetano.  Per una più facile identificazione del grado di parentela ho pertanto alcune volte usato i patronimici (come di uso corrente in Russia) e correlato i riferimenti al sottoscritto.

–          Le date di calendario usate in Russia (tuttora utilizzate per le feste religiose ortodosse) erano quelle del calendario giuliano che differiscono dal calendario gregoriano di 12 giorni, questo il motivo per cui molte lettere recano a volte entrambe le date

papà / zio Francesco (Milano, 2008)

La storia in breve

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C’era una volta … nella città pugliese di Trani appartenente al regno delle Due Sicilie, quando ancora non era stata costituita l’Italia, una comunità ricca di storia, dedita in particolare ai commerci marittimi che facevano capo al suo porto, da dove erano esportati prodotti agricoli (certamente olio di oliva e vino) e dove veniva importato il grano duro dell’Ucraina necessario per la pasta, di cui il meridione d’Italia era già allora importante consumatore e produttore.

Qui nacque, nel 1851 il ns avo Antonio (mio bisnonno), di “fu Antonio Pergola e di Isabella Azzariti”.

Antonio – pensiamo, anche ricordando i racconti di famiglia – studiò e crebbe in un ambiente marinaro iniziando sin da giovane a navigare sulle rotte del Mar Nero, negli anni in cui probabilmente l’economia e la vita sociale di Trani risentivano del crollo del regime dei Borboni. Antonio infatti aveva 9 anni nel 1860 quando veniva annesso al Piemonte il Regno delle Due Sicile a seguito della spedizione dei Mille di Garibaldi (merita di ricordare, a riprova dell’importanza delle rotte orientali per i commerci di quel tempo, che pochi anni prima Garibaldi proprio a Taganrog sul Mar d’Azov, dove era approdato con la “Clorinda”, era stato affiliato alla Giovane Italia dal genovese Cuneo).

Intanto, intorno al 1870, molti pugliesi della costa (di Trani, Bisceglie e Molfetta) si sentirono attratti dalle proposte allettanti che la Russia dello Zar Alessandro II° faceva a chi era pronto ad insediare attività imprenditoriali, sia agricole che marinare, per sviluppare ed “europeizzare” la Crimea , penisola che pochi decenni prima era stata strappata all’ Impero Ottomano.

Doveva esser poco più che ventenne Antonio quando incontrò e sposò a Kertch, porto di transito per le navi che attraverso l’omonimo stretto si dirigevano verso i porti ucraini del Mar d’Azov, una bella ragazza francese, Teresa, la cui famiglia Mureten, che proveniva da Avignone, faceva parte della comunità europea di Crimea.

E a Kertch, nel 1879 nascono i figli di Antonio e Teresa, prima Giuseppe (il mio nonno) e poi Gaetano Antonovich, che intraprendono la vita di mare, seguendo le tradizioni paterne.

Giuseppe Antonovich  si sposò poi nell’ambito della comunità pugliese con Antonina Evangelista, così come il fratello Gaetano Antonovich con Angelina Bassi.

A Kertch nacquero Antonio, Bartolomeo, Gaetano, Francesco e Giorgetta figli di Guseppe.

Giuseppe A. navigò per alcuni anni per poi recarsi a lavorare nella zona carbonifera di Donetz, dove società europee avevano sviluppato l’industria siderurgica e manifatturiera, diventando capo della centrale termoelettrica di un’ acciaieria belga a Drushkovka. Qui lo raggiunse il fratello Gaetano per lavorare nello stesso complesso, e qui nacquero i suoi figli Antonio e Nicola.

La vita della comunità pugliese si svolgeva in un contesto economico agiato con rapporti sociali pacifici sia tra le famiglie italiane che con l’ambiente locale. Venivano mantenuti costumi tradizionali privilegiando i rapporti e matrimoni nell’ambito della comunità, seguendo la fede cattolica nelle chiese costruite nelle principali città di immigrazione (quali Kertch e Mariupol). Ciò non impedì una una stretta integrazione con la società russa, di cui con la lingua venne assorbita la cultura.

I figli di Giuseppe A., dopo le scuole elementari, si recarono a Novorrosisk per proseguire gli studi (dove Antonio, il più grande di età, poté completare la frequenza al liceo reale, prima di abbandonare il paese).

La prima guerra mondiale non colpì particolarmente la vita della comunità, ma la situazione economica e sociale incominciò a deteriorarsi dopo la rivoluzione di Ottobre. Con l’ armistizio tra la Russia bolscevica e la Germania (Marzo 1918 a Brest Litvosk) le armate rivoluzionarie iniziarono l’annessione dell’Ucraina dando luogo alla cruenta  guerra civile contro le armate bianche zariste.

Nel Dicembre del 1919 Giuseppe A. lascia il lavoro a Drushkovka “per ragioni dovute alla situazione politica venutasi a creare”, rientrando a Kertch  per attraversare un periodo certamente travagliato dovendo decidere se restare o abbandonare il paese, decisione non facile con una famiglia di cinque giovani figli (dai 17 anni di Antonio ai 2 circa della piccola Giorgetta).

Intanto i porti del Mar Nero erano stati occupati dalle forze dei paesi alleati, con navigli militari inglesi, francesi e anche italiani, in appoggio all’armata bianca e a protezione degli europei dell’Ucraina.

Colgono probabilmente l’occasione di questa occupazione militare il cognato e una zia di Giuseppe A. (rispettivamente, Josiph Mureten, che parte con la moglie Michelina Bassi e figli per recarsi poi a Marsiglia, e Nina Leconte – figlia di Georgette Mureten – che parte col marito Roberto Frascolla per recarsi poi a Genova).

Nel Novembre del 1920 la situazione politica in Russia precipitava con la firma degli accordi di Versailles a seguito dei quali le potenze occidentali lasciano i porti del Mar Nero e l’armata Bianca del Gen. Vrangel abbandona la Crimea con 120 navi per approdare a Costantinopoli.

Nel Dicembre 1920 Antonio G. con la zia Agostina Leconte riescono a ottenere le autorizzazioni per raggiungere Batumi (il porto sul Mar Nero della Georgia, ancora indipendente in base ai trattati di Versailles) per imbarcarsi per Costantinopoli –occupata dalle potenze vincitrici della grande Guerra – da dove poterono proseguire per Genova.

La famiglia rimane così divisa, le comunicazioni tra Genova e Kertch sono difficili, Antonio manda la corrispondenza attraverso l’Estonia tramite una famiglia inglese amica fuggita da Novorrosisk, e a fine 1921 apprende che le epidemie di tifo e colera – che imperversarono in Russia con la “grande carestia” del 1921 e 1922 (conseguente alla paralisi dell’economia dovuta alla rivoluzione e alla lotta contro i contadini che combattevano per non cedere le terre) – si portarono via il fratellino Francesco e l’unica sorellina Giorgetta, mentre la situazione economica era divenuta insostenibile.

La speranza residua che la rivoluzione bolscevica potesse implodere venne definitivamente a cessare nell’Aprile del 1922 con il trattato di Rapallo (con cui la Germania, strangolata dalle condizioni di pace imposte a Versailles, stipulava accordi di collaborazione economica e militare con l’ URSS).

In Agosto del 1922 Giuseppe A., dopo aver consegnato ai comitati del popolo la centrale elettrica di Kertch, di cui era nel frattempo divenuto responsabile, riesce a raggiungere Batumi con la moglie Antonina e con i figli Gaetano e Bartolomeo sopravvissuti alla carestia, imbarcandosi per Costantinopoli dove ottiene dal consolato d’ Italia i lasciapassare per proseguire il viaggio per l’ Italia.

Iniziava quindi a Genova una nuova vita, misera e difficile ma con il conforto di una patria ritrovata. Giuseppe A. senza più risorse economiche, senza contatti di rilievo, senza conoscere l’italiano (la lingua si era perduta, essendo di uso corrente ovviamente il russo e, in casa, il francese della mamma Teresa e degli zii Mureten) dovette avere momenti di sofferenza e di sconforto. Ma prevalse la sua grinta, egli si mise in contatto – inutilmente – dapprima con i cugini Pergola rintracciati a Trani, poi con i dirigenti belgi con cui aveva lavorato a Druskovka, riuscendo invece a inserirsi nel mondo del lavoro proprio in Genova, dapprima lavorando in Ansaldo sugli allestimenti dei quadri elettrici di bordo per poi imbarcarsi sulla motonave Augustus come comandante di macchina. Anche la zia Agostina, grazie al suo francese e all’abilità nel cucito, trovò lavoro con i buoni uffici della famiglia Sutter, come insegnante di economia domestica nella scuola Svizzera di Genova.

Gli anni ’30 permisero il radicamento della famiglia di Giuseppe A. in Italia. Genova , che era  – all’epoca – metropoli economica (con l’enorme conglomerato industriale che faceva capo ad Ansaldo, i cantieri navali, le società di navigazione, le società petrolifere) permise ai figli di inserirsi nel mondo del lavoro: Gaetano J. con Bartolomeo J. iniziò a lavorare negli stabilimenti elettrotecnici di Ansaldo, per poi costituire una propria impresa (“Elettrotecnica di G.Pergolo”) di ingegneria e installazione di impianti elettrici di potenza a terra e a bordo diventando presto un importante e stimato imprenditore, mentre Antonio J. entrava come ingegnere navale nei cantieri Ansaldo.

In Russia intanto era rimasto, a Drushkovka,  Gaetano A. (il fratello di Giuseppe A.) con i due figli Nicola e Antonio così come gran parte della comunità italiana, tra essi la famiglia della nonna Antonina Evangelista con i relativi parenti (ì Di Fonzo , i De Martino, i Parenti). Per loro la vita nell’URSS divenne sempre più difficile sfociando nella tragedia degli anni del terrore staliniano (il 1937 e 1938) che vide molti dei parenti imprigionati e fucilati (tra questi ultimi Marino Di Fonzo, Saverio Parenti, Michele Di Fonzo).

Intanto a Genova Gaetano J., Bartolomeo J., Antonio J., mettono su famiglia sposandosi. Gli anni ’40 vengono vissuti, superando le difficoltà della vita e dell’economia di guerra, adeguando la dieta al razionamento di cibo distribuito con le “tessere” e abituandosi al rifugio nelle gallerie non appena gli allarmi preannunciavano bombardamenti aereo – navali e quando possibile “sfollando” (espressione usuale in quei giorni) in località più sicure nell’entroterra ligure. Antonio J. dopo il ’43 viene trasferito nello stabilimento Ansaldo artiglieria in provincia di Bergamo (Gazzaniga) sino alla fine delle ostilità. Purtroppo le vicende drammatiche a cavallo del 25 Aprile ’45 coinvolgono Bartolomeo J. che viene catturato insieme alla moglie Pierina da partigiani o sedicenti tali dai quali vengono fucilati in piazza Manin (Bartolomeo riuscirà a salvarsi, sopravvivendo fortunosamente, anche se gravemente ferito).

Sempre a cavallo del periodo di guerra a Genova subentra una nuova generazione nella famiglia, vengono a mancare prima Antonina e poi Giuseppe A. (i nonni) mentre nascono i figli di Gaetano J. , Giorgio, e di Antonio J., Francesco, Paola, Augusto.

Con il dopoguerra riprende la vita con serenità e crescente benessere, dopo che i timori di possibili capovolgimenti politici vengono fugati con le elezioni del 18 Aprile 1948 e l’ insediamento del governo democristiano filo occidentale di Alcide De Gasperi.

In URSS invece gli eventi non furono favorevoli alla comunità italiana, e quindi per i nostri parenti rimasti in Ucraina. Con la guerra, in particolare nel 1942, gli italiani furono in gran parte deportati ed imprigionati nei gulag in Kazakhstan e in Siberia. Nicola G. e Antonio G. furono arrestati e soffrirono un lungo periodo di prigionia, mentre alcune cugine (le “zie” Rina De Martino sposata Di Fonzo, Nina De Martino sposata Parenti, e Anna Di Fonzo sposata Evangelista) con i loro figli radunatesi con altre donne e bambini – in gran parte vedove dei mariti fucilati nel 1937 / 1938 o deportati nei gulag – nella città di Mariupol occupata dalle truppe italo tedesche durante l’avanzata verso il fronte del Don, poterono fortunosamente fuggire grazie ai militari italiani e all’appoggio del cappellano militare (che aveva loro procurato lasciapassare del Vaticano).

Con il disgelo del 1956 (XX° congresso del PCUS) voluto da Kruscev, venne riconosciuta la riabilitazione agli italiani internati nei gulag e a quelli a suo tempo fucilati. Fu possibile così riprendere i contatti epistolari con le famiglie rimaste in URSS (la caduta della “cortina di ferro” nel 1991 aprì poi le frontiere per dar luogo all’Europa che conosciamo oggi).

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P.S.

Qui di seguito questa storia è raccontata in dettaglio, con i riferimenti cronologici e i documenti che sono stati gelosamente custoditi per una vita da Antonio J. (papà) nel cassetto della sua scrivania.


La storia in dettaglio

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….premessa

La Crimea

Si tratta dell’antica Tauride (per i Greci) o Chersoneso (per i Romani) , penisola che separa il Mar Nero dal Mar d’Azov.

Il clima vi è salubre, la flora mediterranea.

Il capoluogo è Sfimferopoli, altre città importanti sono Sebastopoli, Feodosia, Sudak, Jalta, Balaklava e, appunto, Kertch sullo stretto omonimo.

Sede prima di insediamenti greci, poi sotto il controllo di Roma (con alterne vicende alleata e poi in conflitto con la dinastia dei Mitridate, Re del Ponto)(*), quindi dominata dai Goti, fu ripresa dai Bizantini, successivamente invasa dai Mongoli e poi dai Turchi.

Importante la presenza genovese sin dal XIV secolo. (**)

Rimase vassalla del Sultano di Costantinopoli, dopo il 1453.

Fu ceduta dagli Ottomani  alla Russia nel 1774.

Teatro della guerra del 1854 / 1855 tra Russia e Turchia, appoggiata quest’ultima da Francia ed Inghilterra che volevano mantenere lo status – quo nei Balcani, con la partecipazione dei piemontesi. (***)

Fu poco prima  e poi, poco  dopo la guerra di Crimea – in particolare negli anni intorno al 1870 – che iniziò la migrazione di Italiani, che ci porta alla nostra “storia”.

Note:

(*) i Romani

La dinastia iniziò con Mitridate I nel 300 A.C. per concludersi con Mitridate VI sconfitto da Pompeo nel 66 A.C. ed ucciso in Crimea (le operazioni militari di Pompeo nel Mar Nero furono condotte da un genovese, Caius Aelius Stalienus, comandante della flotta)

(**) i Genovesi

La Crimea era chiamata “Gazaria” dalla Repubblica di Genova, che aveva insediamenti a Caffa (Feodosia, l’antica Teodosia greca), a Soldaia (Sudak), a Cembalo (Balaklava) ed a Vosporo (Kertch).

Ai suoi porti facevano capo i traffici che dalla foce del Don (insediamento di Tani) proseguivano poi per Trebisonda, Galata (a Pera in Costantinopoli) e quindi a Genova. Altra rotta importante portava a Costantinopoli costeggiando la Bulgaria, con gli insediamenti / scali di Lerici (ora Ilice) alla foce del Dnjepr e di Licostomo, Moncastro e, poco prima del Bosforo, di Mesembria.

Tra le merci era particolarmente importante il grano, ma era fiorente anche il mercato degli schiavi (circassi, magiari, georgiani, etc)

In particolare Caffa fu l’epicentro della presenza genovese in Crimea, qui vi fu un console della Repubblica sin dal 1281, la città poi fu conquistata e fortificata da Simon Boccanegra, primo Doge di Genova, nel 1348 . Difesa da una doppia cinta di mura, tuttora esistenti (costruite con merlature a beccatelli come la torre degli Embriaci dal Console Gottefredo Zoaglio, che fu inviato in questa città dopo esser stato console in Corsica e Podestà di Chiavari) era divisa in contrade , tra cui la contrada Bisagno. Nel 1376 i Genovesi coniavano già qui “aspri” di argento, con l’emblema del castello di S.Giorgio e con l’emblema del “Khan” che rendeva la moneta di facile circolazione nei territori tatari.

Con Maometto II gli insediamenti caddero man mano sotto il controllo ottomano (500 navi turche assediarono ed espugnarono Caffa nel 1475) ed il Mar Nero da “Mare Majus” divenne “Kara Deniz”

(***) i Piemontesi

A questa guerra partecipò con gli alleati il Regno di Sardegna di Vittorio Emanuele II, spinto dalla strategia di Cavour, che vi inviò 150.000 uomini agli ordini del Gen. Alfonso Lamarmora (in particolare i Piemontesi parteciparono alla battaglia della Cernaia ed alla presa di Sebastopoli), inserendosi così nel gioco diplomatico delle grandi potenze con cui si poté sedere al tavolo delle trattative per la pace di Parigi (anno 1856, delegati Lord Claredon, Walenski e Cavour) che sancì l’integrità dell’ Impero ottomano stabilendo però libertà di navigazione sul Danubio e nel Bosforo attraverso i Dardanelli.


La colonia italiana in Crimea

Si era stabilita in Crimea una colonia europea con una nutrita presenza italiana,

in gran parte marinai ed agricoltori , costituitasi in due periodi successivi:

–         negli anni successivi al 1820 (regnante lo Zar Alessandro I°) di provenienza prevalentemente ligure

–         negli anni successivi al 1860 (regnante lo Zar Alessandro II°) di provenienza prevalentemente pugliese (in particolare da Bisceglie e da Trani).

Fu iniziativa degli Zar favorire l’immigrazione europea, per attuare lo sviluppo della marina mercantile e delle coltivazioni mediterranee, come la vite.

Si formarono così prospere comunità italiane soprattutto nelle città di Mariupol, sul Mar d’Azov, e di Kertch (*),   sullo stretto omonimo (ma anche a Feodosia con una forte presenza genovese e Odessa con mercanti provenienti da Livorno, Genova e Napoli)

A Odessa, all’inizio del 1800, risiedevano circa 800 italiani (il 10% della popolazione).

A Kertch, nel censimento del 1897, gli italiani costituivano il 2% della popolazione, ma vi vivevano anche europei di diverse nazionalità.

Tra i gruppi familiari qui residenti, oltre ai Pergolo, vi erano – legati a loro da legami di parentela – i Bassi, De Martino, Di Fonzo, Evangelista e i francesi Mureten e Le conte (o Le Conte).

Negli anni 20’ iniziarono le persecuzioni sovietiche (perdita dei diritti civili per gli stranieri chiamati “lishentsy”)  ed i ritorni in Europa dei profughi per ragioni politiche. Negli anni 30’ iniziarono gli arresti e le fucilazioni degli italiani vittime dei sospetti di complotti e spionaggio (periodo del “terrore xenofobo”).

Con la IIa guerra mondiale iniziarono le deportazioni, in particolare nel 1942, in Siberia ed in Kazakhstan. Molti morirono nel viaggio, molti nei campi di lavoro (“gulag”) . Solo con l’avvento di Kruschev (e con il XX° congresso del PCUS, nel 1956) i sopravvissuti poterono tornare in Crimea,  e le vittime contare sulla riabilitazione.

(*)

“ Alcuni marinai. Intorno agli anni 1870 –1890 gettarono in quel posto l’ancora del cuore e non la tirarono più su dando vita con le fanciulle del luogo a nuove famiglie …… la nostra colonia aveva una chiesa cattolica col suo parroco, la scuola italiana, rapporti con le nostre rappresentanze diplomatiche “ (Vladimiro Bertazzoni)

…l’origine , a Trani

Trani, 30 Gennaio 1851

Nasce Antonio Pergola (bisnonno), figlio di Antonio (trisnonno) e di Isabella Azzariti. Dal certificato anagrafico di nascita, risulta “fu Antonio”. Isabella rimase quindi vedova prima della nascita del figlio Antonio. (*)

Sappiamo, dai racconti tramandati in famiglia, che Antonio divenne uomo di mare. Navigando su un nave da carico sulla rotta da Trani al Mar Nero, Antonio decise di fermarsi  in Crimea (allora Russia), a Kertch, dove anche erano emigrati ( o sarebbero presto emigrati) altri Pergola / Pergolo e dove sposò Teresa Mureten (**), una giovane francese la cui famiglia, originaria di Avignone, eserciva a Kertch una pasticceria.

(*) “Isabella Azzariti, quando diede alla luce il figlio Antonio, aveva 28 anni ed abitava in strada S. Giorgio (non è riportato il numero), una strada che sfocia sul porto nel centro storico.   Era vedova di Antonio Pergola, che era il marito di secondo letto. Carmine Antonio Pergola (questo il suo nome secondo i registri anagrafici di Trani) era morto il 29 giugno del 1850, all’età di 52 anni.

Era originario di Montella (un paese della provincia di Avellino, noto per i suoi castagneti, attualmente vi producono artigianalmente un eccellente liquore di castagne), di professione faceva il caffettiere, cioè era proprietario di una caffetteria molto probabilmente nello stesso fabbricato dove abitava al momento del decesso: strada della Marina, la strada che si affacciava direttamente sulla banchina del porto.

Dal tipo di attività che svolgeva, si poteva considerare -per l’epoca- un benestante, considerato che neanche a un centinaio di metri di distanza aveva sede la Corte d’Appello, l’unica -all’epoca- esistente in Puglia, durante il Regno delle Due Sicilie.

Isabella Azzariti era nata a Trani il 7/11/1822 da Felicia Costantino, 30 anni, casalinga, e Giovanni Azzarito (anche qui c’è un cambio di nome), 35 anni, marinaio.

Abitavano in strada corte Comina (oggi viene chiamata corte Canina), a pochi metri sia da strada S. Giorgio dove è nato il bisnonno sia dalla strada La Marina dove abitava, quando è morto, Antonio Pergola.”

Antonio aveva ben 12 fratellastri, tutti più grandi di lui.

Isabella Azzariti aveva avuto due figli dal suo primo matrimonio  con Nicola Croce.

Antonio Pergola avceva avuto 10 figli dal suo primo matrimonio con Vittoria Scoccimarro.

Entrambi erano vedovi quando si sono sposati.

Isabella Azzariti, al momento del suo matrimonio con Antonio Pergola il 3 gennaio 1850 risultava abitante nella casa del marito, in strada della Marina.

Al momento della nascita del figlio Antonio (era già vedova dal 29 giugno 1850) risultava abitante in strada S. Giorgio, vicino alla casa dei genitori. (da ricerca di Tito Manlio Altomare)

(**) i Mureten di questa generazione, in vario modo imparentati con la nostra famiglia, erano tre , due sorelle ed un fratello:

–          Teresa, sposata con Antonio Pergolo (genitori di Giuseppe nonno e Gaetano)

–          Georgette, sposata con Salvatore Leconte ( genitori di zia Agostina e zia Nina)

–          Josiph, sposato con Michelina Bassi (sorella di Angelina che sposerà Gaetano, il fratello del nonno) , padre di Alessandro e Agostina, ramo della famiglia poi stabilitosi a Marsiglia

NOTA: Trani era città di antiche tradizioni marinare. Denominata Tarenum ai tempi romani (la leggenda narra di fondazione ad opera dei Tirreni), divenne particolarmente importante durante la dominazione normanna. Qui nel 1063 furono codificate le consuetudini marinare con 32 tavole (“Ordinamenta Maris”) che furono poi sviluppate dalla “Tavole amalfitane”. Degli stessi anni è l’edificazione di S.Nicola il bellissimo duomo della città, inaugurato nel 1094.

…due generazioni, nascono in Crimea, a Kertch (…dove viene mantenuta la fede cattolica)

Kertch, 27 Ottobre 1879

Nasce Giuseppe (nonno), figlio di Antonio Pergolo e di Teresa Mureten. Viene battezzato il 30 Ottobre nella chiesa cattolica di Kertch, (secondo l’atto certificato dal Parroco, don Giovanni Arazoff, il 28 Aprile 1898).

Il documento in italiano porta, con la translitterazione del nome dal russo all’italiano, al cambiamento dell’ ultima vocale, per cui il cognome cambia da Pergola in Pergolo.

Giuseppe si sposa poi con Antonina Evangelista  appartenente alla colonia italiana di Kertch, da cui ha cinque figli: Antonio (n. 1902), Bartolomeo (n.1904), Gaetano (n.1907), Francesco e Giorgetta.

Francesco e Giorgetta persero poi la vita in giovane età, nel 1921, a seguito di un’epidemia di tifo durante la terribile “grande carestia” succeduta alla rivoluzione bolscevica.

Druskovka , 1910

Sappiamo che Giuseppe lavorò dapprima navigando come ufficiale di macchina sulla nave mercantile “Pietro Regir” dal 1904 al 1906, poi ad Ekaterinovka come capo elettricista sino al 1910 nella società francese “Società d’Industrie Miniere d’ Ekaterinovka” e quindi, dal 1910 a fine 1919, a Druskovka nella società belga “Societé Anonime des Aciéries et Ateliers Toretzkoie” in qualità di capo della locale centrale termoelettrica a vapore.

Il fratello di Giuseppe, Gaetano (prozio), nato  – sempre a Kertch  – nel 1884 sposa Lina Bassi, da cui ha due figli: Antonio e Nicola, padri dei nostri cugini (Alla e Angelina e , rispettivamente, Pietro e Alessandra).

Anche il prozio Gaetano si trasferì a Druskovka per lavorare nella stessa società belga.

E a Drushkovka rimase Gaetano, con la sua famiglia, anche dopo la partenza di Giuseppe per l’Italia.

Novorossisk 5 Aprile 1915

Pergolo Antonio (papà) fa la prima comunione nella chiesa cattolica tedesca di Novorossisk    ( “accipit primam communionem, in ecclesia Novorrosciscensi, 5 dia Aprilis 1915”)

…. i preparativi per la fuga dalla Russia, dopo l’instaurazione del regime comunista bolscevico

Drushovka,  12 Dicembre 1919 e 1° Gennaio 1920

Il certificato di servizio rilasciato dalla “Societé Anonime des Aciéries et Ateliers Toretzkoie” indica che la cessazione del rapporto di lavoro con Giuseppe Pergolo (nonno) è stata chiesta in ragione degli eventi politici (”…..il a quittè sa place temporairement, per suite des evenments politiques”).

Novorossisk, 7 Maggio 1920

Antonio Josiphovich Pergolo (papà) termina gli studi al liceo (Scuola Reale di Novorossisk) ed ottiene l’attestato N.15 di frequenza dal Settembre 1913 sino al completamento il 7 Maggio, 1920

Batum, 19 Maggio 1920

L’autorità del porto mercantile di Batumi concede a Guseppe Pergolo un attestato con cui viene autorizzato alla navigazione su navi mercantili come ufficiale di macchina di III Classe

Novorossisk, 7 e 25 Giugno 1920

Antonio Josiphovich e Gaetano Josiphovich ottengono dal Comitato Rivoluzionario il 7.06 autorizzazione a recarsi a Poti, in Georgia (“.. presso parenti .. ”); Antonio si fa quindi rilasciare dalla direzione medica della scuola il 25.06 l’esenzione dalle attività per motivi di salute in quanto “convalescente da recente malattia”

Kertch, 8 Settembre 1920

L’agenzia consolare d’Italia a Kertch rilascia ad Antonio la traduzione dell’Attestato n.15 di frequenza della Scuola Reale di Novorossisk (di cui sopra)

Kertch, 20 Settembre 1920

Il consolato britannico a Kertch rilascia ad Antonio Pergolo il permesso di procedere a Batum (“.. Permission is given to proceed to Batumi ..”). Il documento risulta poi timbrato dalla Regia Agenzia Consolare d’Italia in Batum, da dove Antonio salpò per Costantinopoli per poi imbarcarsi per l’Italia.

… primi profughi in Italia sono Antonio e zia Agostina

Batum, 3 Dicembre 1920

Zia Agostina (Augustina Salvadorovna Leconte) fa richiesta all’autorità di Dogana del porto di poter imbarcare una lista di effetti personali sulla nave “Costantinopoli” con cui intende partire per l’ Italia con il nipote Antonio che si deve recare colà per “motivi di studio”

Genova, 13 Gennaio 1921

Il Consolato generale di Russia a Genova certifica la traduzione italiana dell’Attestato N.15 dal Direttore della Scuola Reale di Novorossisk del 7 Maggio 1919 di Antonio

Genova, 28 Giugno 1921

La zia Agostina (Agostina Leconte) a Genova fa domanda al Ministero degli Affari Esteri per un prestito a fronte delle somme in Rubli depositate e requisite in Russia e dei contanti disponibili. Si dichiara profuga, dal Dicembre 1920.

NOTA

Ricordo in casa la macchina da cucire Singer , citata nella lettera alla dogana di Batumi, che zia Agostina aveva portato dalla Russia. Tra le altre cose portate in Italia, dopo la vendita di oggetti di oro e gioielli che presumibilmente hanno permesso una sia pur precaria sopravvivenza in Italia nei primi anni, sono rimasti in famiglia solo alcuni oggetti personali e una cassetta di Rubli, banconote emesse nel 1918 e 1919, evidentemente tenuti nella speranza vana che dovessero un giorno ritornare in corso. Questa speranza era diffusa tra i profughi russi in Europa in quegli anni, tanto che c’era a Parigi un mercato di rivendita di diritti di proprietà dei terreni (trattati in base al numero di contadini “anime”) e delle concessioni di sottosuolo specie per estrazione di petrolio nel Caucaso (Azerbaijan); la speranza, e il mercato, caddero definitivamente con il trattato di Rapallo di Aprile 1922 tra Germania e Russia.

….e arrivano in Italia, dopo la “grande carestia” anche Gaetano e Bartolomeo con i genitori Giuseppe e Antonina (Agosto 1922)

Kertch, 10 Novembre 1921

Il Comitato Rivoluzionario / Sezione Istruzione Pubblica rilascia a Gaetano Pergolo (zio) il certificato n°.13435 attestante la frequenza nella scuola tecnica di Novorossisk (prima, seconda e terza classe) dall’Agosto 1915 al Luglio 1920

Genova, 5 Gennaio 1922

Antonio riceve da Kertch lettere disperate dei genitori: pochi mesi prima sono deceduti per epidemia di tifo la sorellina Giorgia (“ .. la regina della nostra famiglia …”) e poi il fratellino Francesco. La situazione economica intanto si è fatta drammatica, ed impellente la necessità di fuggire dalla Russia.

Kertch, 26 Maggio 1922

Giuseppe, che aveva nel frattempo dato le dimissione come capo della centrale elettrica di Kertch, consegna l’impianto e il magazzino al Comitato dei Lavoratori (secondo l’Attestato del Comitato dell’Economia Nazionale)

Novorossisk, 15 Luglio 1922

L’ Istituto Tecnico di Novorossisk certifica (cert.° n° 605) che Gaetano Pergolo ha completato la quarta classe dell’Istituto Tecnico Fisico – Matematico il 10 Luglio 1922.

Costantinopoli, 17 Agosto 1922

Il Regio Consolato d’Italia a Costantinopoli rilascia a Giuseppe Pergolo, insieme alla moglie Antonina (nonni) e ai figli Bartolomeo e Gaetano (zii) il foglio di via provvisorio  per l‘espatrio in Italia, in qualità di profugo dalla Russia.

(Su una nota a mano, a margine del documento originale è indicato “8 Agosto, partenza da Batumi”)

Di qui proseguirono in qualità di profughi per l’ Italia (sbarcando prima a Trieste e poi, definitivamente, a Genova) .

… le vicissitudini legate alla fuga in Italia

Antonio è arrivato a Genova, con la “zia Agostina Leconte” (che è cugina del nonno Giuseppe, essendo entrambi figli delle due sorelle Mureten)  nel Dicembre 1920 , prima dei genitori e dei fratelli superstiti,  che sono invece arrivati dopo l’Agosto 1922.

A Genova si trovava già la sorella Antonia “Nina” sposata con Roberto Frascolla         , probabilmente fuoriuscito dalla Russia nel 1919, quando due incrociatori italiani giunsero a Sebastopoli e presero a bordo più di cento connazionali residenti in Crimea.

La richiesta della traduzione della licenza liceale di Antonio al Consolato d’Italia a Kertch (8 Settembre) e il visto del consolato inglese per recarsi a Batumi (20 Settembre) – da dove si imbarcò per Costantinopoli,  come ricordiamo dai suoi racconti – starebbe ad indicare che la fuga di Antonio era stata concertata, lasciando il resto della famiglia in Russia per attendere la conclusione della frequenza di Gaetano nell’ “Istituto Fisico – Matematico” che frequentava a Novorossisk (e forse di Bartolomeo, che sappiamo aveva frequentato l’Istituto Nautico).

Le decisioni delle modalità di abbandono della Russia devono essere state difficili ed oggetto di alterni ripensamenti, se dalle lettere di Gennaio 1922 da Kertch esplicitamente Giuseppe si rammarica di non aver voluto già prima partire per la Francia.

In Francia , a Marsiglia, si era infatti già rifugiato Josif Mureten con i figli Alessandro e Agostina.

Le comunicazioni, tra Genova e Kertch in questo periodo di separazione – poco meno di due anni – risultano difficili se Antonio trovava più agevole farle transitare dall’Estonia, tramite la famiglia amica dei Kurman, inglesi di Novorossisk.

L’impatto con la madrepatria fu certamente drammatico. All’arrivo in Italia come profughi digiuni della lingua (in famiglia si parlava russo e , in parte, francese) e privi di sostentamenti, trovarono un clima economico e sociale assai difficile. **

Le prime lettere di Giuseppe sono inviate ai conoscenti in Belgio (presumibilmente legati alla società belga per cui lavorava a Drushkovka)  ed ai parenti rintracciati in Puglia, per poter trovare lavoro e mezzi di sostentamento, per sé e per i figli.

La famiglia Pergolo riunita a Genova riuscirà con il tempo a radicarsi e diventare “italiana” nella lingua, nel lavoro, nelle relazioni sociali.

….intanto in Russia, per gli italiani rimasti, la vita è tormentata prima dal “terrore xenofobo” – scatenato dal regime sovietico di Stalin – e poi dalla guerra

sono rimasti in Russia parenti e conoscenti:

–         Gaetano (prozio), fratello di nonno Giuseppe e la moglie Lina Bassi (con i figli Nicola ed Antonio)

ed i cugini

–         Angelina Evangelista (sorella di nonna Antonina) ed il marito Michele De Martino

–         La loro figlia Rina De Martino che sposa Marino Di Fonzo°

–         La loro figlia Nina De Martino che sposa Saverio Parenti°°

–         Saverio Evangelista (fratello di Antonina)

–         Il figlio Bartolomeo Evangelista che sposa Anna Di Fonzo

Il “terrore” rosso colpisce (*):

–         Marino Di Fonzo°  – n. a Kertch nel 1898, figlio di Antonio – capitano della marina mercantile, arrestato il 17 Dicembre 1937 a Odessa quando era al comando della nave “Adzaristan” viene condannato dal NKVD per attività di spionaggio e fucilato in Odessa il 29 Dicembre 1937 (riabilitato in data 27 Luglio 1989)

–         Saverio Parenti °° – n. a Kertch nel 1896, figlio di Gennaro – capitano della marina mercantile, arrestato il 10 Febbraio 1938 a Kertch quando era capitano in seconda della nave “Kuban” viene condannato dal NKVD per attività di spionaggio e fucilato il 28 Novembre 1938 (riabilitato in data 11 Aprile 1958)

Con la guerra – nel 1942– vengono deportati nei gulag i cugini Bartolomeo Evangelista (in Siberia), Nicola Gaetanovich Pergolo (in Kazakhstan, a Tagil) e Antonio Gaetanovich Pergolo (in Siberia, a Krasnoiarsk).

Antonio Gaetanovich rimase in prigionia nel gulag di Krasnoiarsk per 5 anni, qui si sposò nel 1947 con Anna Schprung figlia di Nicola, tedesco, anch’egli prigionierio nel gulag, e verrà poi riabilitato nel 1962 (“…in quanto i fatti addebitati non costituiscono reato ,,,”)

Le donne, con i figli, si radunano a Mariupol.  Qui, quando la Crimea cade sotto il controllo delle truppe dell’Asse (**), la zia Rina De Martino cerca di prender contatto con i cugini Pergolo in Italia, grazie ai militari dell’ 8° Corpo d’Armata italiano, che nell’avanzata sul fronte russo si attesta in questa zona.

Il 14 Febbraio 1943, con documenti forniti dal Cappellano militare don Enrico Pittonelli le zie “russe” Rina De Martino Di Fonzo (con i figli Antonio e Laura), Nina De Martino Parenti (con il figlio Gennaro “ Jeka”), Anna Di Fonzo Evangelista (con i figli Francesco “Franz” e Marietta) riescono a fuggire da Mariupol, insieme a un gruppo di 32 italiani – quasi tutti donne e bambini – che vengono evacuati via camion a Sebastopoli per imbarcarsi quindi su un cacciatorpediniere tedesco alla volta di Costanza.

Accolto dall’ambasciatore d’Italia il gruppo viene fatto proseguire per Bucharest e Budapest per arrivare infine a Trieste il 19 Marzo e, da qui, in Liguria dove Rina e Nina vengono accolte dai cugini Pergolo a Genova , Anna dal cugino Giacomo Azzariti a Savona.

Risultano inoltre (vedi anche archivi della Fondazione Feltrinelli / Gulag Italia) notizie di Vincenzo Pergolo, e dei figli Giacomo e Maria sposata De Pierro.

Giacomo nato a Kertch nel 1882, figlio di Vincenzo, Diplomato all’Istituto Nautico intraprende la carriera marittima, imbarcato come ufficiale della marina militare partecipa alla guerra russo- giapponese nel 1903. Riprende la carriera marittima, diventa armatore ed in tale veste viene perseguitato durante la rivoluzione, poi spogliato delle proprietà, privato dei diritti civili, viene arrestato, condannato ai lavori forzati per la costruzione del “Belomorkanal” sul Mar Bianco, viene poi fucilato a Sandamoch  nel 1938. La Moglie Maria, rimasta a Kertch,  viene deportata nel 1941 in Kazakhstan.

Data l’omonimia e l’età (Giacomo appare coetaneo del “nonno” Giuseppe), si può presumere che Vincenzo fosse originario di Trani e cugino del nostro “bisnonno” Antonio.

Abbiamo notizia inoltre di  Victor Pergolo, (figlio di Giacomo ?) deceduto di malattia nel 1921, di cui alla lettera di “nonna” Antonina del 5 Gennaio 1922


….poi, finalmente, il disgelo

1956: in URSS Kruscev, a seguito del XX° congresso del PCUS, inizia la “destalinizzazione” (con la riabilitazione delle vittime e dei prigionieri politici perseguitati dal regime comunista, anche gli italiani ritornano dai gulag)

1959: Antonio entra in contatto con Augustine Jeuret, figlia di Josiph Mureten, che da Marsiglia lo informa di essere in rapporti epistolari con i parenti in Russia

anni ’60:  riprendono i contatti epistolari con i parenti rimasti in Russia (le lettere erano comunque soggette ad attenta censura, si evitavano attentamente riferimenti a situazioni politiche o sociali)

1965: vengono a Genova su nostro invito*,

–         Nicola Pergolo e la moglie Mira (lasciando “in ostaggio” i familiari, era il vecchio metodo sovietico per evitare che gli espatriati non tornassero in URSS) ospiti di papà Antonio in Via Trento

–         Bartolomeo Evangelista, minato nel fisico per le sofferenze della lunga prigionia,

1978: viene eletto al soglio pontificio Giovanni Paolo II°, il Papa polacco; il disgelo si propaga nell’Est dell’Europa

1989: cade il “Muro” di Berlino, costruito nella notte del 17 Agosto 1961, e con esso la “grande illusione”

(*) indimenticabile la loro sorpresa di trovarsi in un “altro mondo” , nel benessere e nella libertà dell’ Italia nel pieno boom economico degli “anni 60”;

….i nostri parenti, vittime delle persecuzioni comuniste

  • Marino Di Fonzo

    Marino Di Fonzo (Kertch 1882, fucilato a Odessa nel 1937)

  • Saverio Parenti (Kertch 1896, fucilato  nel 1938)
  • Bartolomeo Evangelista (Kertch 1905, arrestato nel 1938, deportato in Gulag in Siberia, sopravvissuto)
  • Giacomo Pergolo (Kertch 1881, fucilato nel 1938)
  • Michele Di Fonzo (Kertch 1884, fucilato nel 1938)
  • Maria Pergolo (Kertch 1888, deportata in Kazakhstan nel 1942)
  • Nicola Gaetanovich Pergolo (Kertch 1921, deportato in Kazakhstan nel 1942)
  • Antonio Gaetanovich Pergolo (Kertch 1919, deportato in Gulag a Krasnoiarsk nel 1942)

Qui di seguito:

–          scheda C.te Marino Di Fonzo

Saverio Parenti

scheda C.te Saverio Parenti

–          testimonianze di Jeka Parenti e Antonio Di Fonzo

–          atti del processo e riabilitazione postuma di Saverio Parenti

–          certificato di riabilitazione postuma di Marino Di Fonzo

–          attestato di prigionia di Antonio G. Pergolo

–          certificato di riabilitazione di Antonio G. Pergolo


Appendice sul periodo del “terrore” in URSS

(notizie tratte dal testo ”Italiani nei lager di Stalin” di Elena Dundovich e Francesca Gori, Ed. Laterza 2006)

Negli anni ’20 e ’30 si aggiunse alla precedente emigrazione tradizionale italiana in Russia, una nuova emigrazione politica, composta da comunisti, socialisti, anarchici ed antifascisti in generale, attratti dall’utopia del nuovo modello di vita che si andava instaurando in URRS.

Gli emigrati politici stranieri venivano organizzati in “club internazionali” costituiti nelle città importanti;  molti italiani appartenevano agli “interclub dei marinai” di Odessa , Novorossisk, Kertch (quest’ultimo organizzato nell’ambito del “kolchoz Sacco e Vanzetti “).

Si calcola che la comunità degli emigrati politici italiani fosse costituita da circa 300 persone, delle quali non meno di 160 furono repressi negli anni ’30.

L’ inizio dei problemi alla comunità comunista italiana in URSS si registra con il 1926, quando si consuma uno scontro politico tra Stalin e Bordiga.

Nel 1933 vengono emessi decreti con cui si specificano le categorie di persone cui non potevano essere concessi passaporti e la “propiska” (permesso di residenza e di lavoro) , tra essi erano i “kulaki”, cittadini proprietari e agiati, e i “lisency”, cittadini privati dei diritti ( tra cui gli italiani residenti) nonchè i rifugiati dall’estero che non godevano dello status di emigrati politici.

Poco dopo la dirigenza staliniana decise l’inizio di una “cista” (pulizia) nel partito.

Con il 1934 iniziarono gli arresti, normalmente effettuati dal NKVD * (il commissariato del popolo per gli affari interni) che individuava persone e gruppi sospetti sulla base di informazioni raccolte negli ambienti degli emigranti italiani , in particolare tra i Club degli emigrati e dei dirigenti del PCI della Sezione Quadri del COMINTERN.

Tra i guardiani dell’emigrazione politica italiana in URSS si distinse Paolo Robotti, cognato di Togliatti, poi colpito lui stesso dalle purghe (arrestato nel 1938 e liberto dopo 16 mesi di detenzione).

Dopo il Giugno 1941 (con l’inizio dell’operazione Barbarossa, l’offensiva tedesca contro l’URSS , le deportazioni toccarono gli stranieri di nazionalità ungherese, tedesca, italiana, rumena e finlandese alleati dell’Asse).

In particolare l ”interclub dei marinai di Odessa” era particolarmente attivo nella propaganda anche nei confronti degli equipaggi delle navi italiane che facevano scalo nei porti del Mar Nero, attività propagandistica evidentemente osteggiata dal Consolato Italiano di Odessa.

Venivano colpiti tra i comunisti quelli sospettati di essere trozkisti o plechanovcy (o per gli italiani di essere vicini a Bordiga) o mensheviki (socialdemocratici), e tra  gli stranieri quelli sospettati di spionaggio.

L’ NKVD usava prelevare gli arrestati a casa nel cuore della notte, con furgoni (i ”corvi neri”) dotati di piccole celle individuali senza finestrini e bocchette d’aria. Gli interrogatori venivano condotti da organi extragiudiziali (le “trojke”) che comminavano poi le sentenze , senza regolare processo.

Parte delle sentenze contemplavano la fucilazione immediata, altre la condanna ai lavori forzati, che spesso si concludevano con la morte per stenti o malattie, nei famigerati “gulag” (acronimo per Direzione Centrale del Lager).

Tra essi – una cinquantina i luoghi più importanti – sono degni di citazione, per esser stati tristemente famosi:

  • l’arcipelago delle Solovki.

Qui i monaci avevano trasformato nel XV° secolo queste isole inospitali e acquitrinose nel Mar Bianco in un porto con un complesso monastico in pietra, con anessi allevamenti di bestiame, coltivazioni industrie  ed infrastrutture. Nel 1923 il monastero fu trasformato in penitenziario, i monaci in parte fucilati ed in parte schiavizzati , bruciata la famosa biblioteca e gli archivi antichi. Nel 1929 il Congresso americano ed il Parlamento inglese decretarono il blocco delle importazioni di legname dall’URRS per protesta contro le notizie delle atrocità compiute nei confronti dei prigionieri politici delle Solovki, ma Stalin inviò in ispezione lo scrittore Gorkij, politicamente ortodosso ma considerato persona onesta, cui furono fatte vedere strutture ordinate e ripulite per poter far pervenire un rapporto positivo per le vie diplomatiche in Occidente. Nel 1932 migliaia di prigionieri furono inviati alla costruzione del canale Belomorsko-Baltijinski (che doveva collegare il Mar Bianco con il Mar Baltico). Qui lavorarono come prigionieri anche Giacomo Pergolo e Bartolomeo Evangelista.

  • I campi di Kolyma

La zona si trova nella estrema Siberia, nel mar di Ochotsk , baia di Nagaev, a Nord del Mar del Giappone. Vi si giungeva per nave, da Vladivostock dopo otto o dieci giorni di navigazione sino al porto di Magadan (città sorta dopo la decisione del governo di sfruttare le risorse aurifere della zona, costituendo un’apposito”trust” chiamato Dal’strj). Il complesso dei lager de la Kolyma fu il più grande di tutta la Russia. Alla vita in questi luoghi sono dedicati i “Racconti della Kolyma” dello scrittore russo Varlam Salamov che vi fu prigioniero per 17 anni. Qui furono deportati anche italiani di Kertch, della famiglia De Martino. I due fratelli Sergio e Giuseppe arrestati nel 1943 vi rimasero prigionieri sino al 1956, Sergio una volta liberato e andato a vivere a Krasnodar scrisse le sue memorie “ Confessioni con la bocca cucita”, raccontando di quando – spossato dagli interrogatori e minacce – si cucì le labbra con ago e filo per non dar più il modo di farsi interrogare.

Note:

* gli organi di repressione furono costituiti con la CEKA nel 1918, cui fece seguito la famigerata GPU nel 1922, poi la NKVD nel 1934, trasformatasi quindi in MVB, in MGB e infine in KGB

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