Campagna anticlericale per la confisca dei beni della Chiesa. Caso del metropolita Veniamin

Le persecuzioni contro la Chiesa e i sacerdoti, la chiusura dei luoghi di culto e la "confisca dei beni ecclesiastici" cominciarono fin dai primi giorni del potere sovietico. L'approvazione del Decreto sulla separazione della Chiesa dallo Stato (gennaio 1918) portò in pratica a massicce persecuzioni dei credenti: le fucilazioni, gli arresti, la soppressione di monasteri e comunità religiose divennero "un fenomeno quotidiano". Alla fine della Guerra civile poi, quando la maggior parte del territorio dell'ex impero zarista si trovava già sotto il controllo dei bolscevichi, nella lotta contro la Chiesa furono utilizzate anche nuove misure repressive. Per esempio, il 25 agosto 1920 uscì una circolare del Commissariato del popolo alla giustizia che annunciava "la completa soppressione delle reliquie". Con questo atto sacrilego il potere provocava la Chiesa ortodossa ad aperte azioni di protesta, per avere il pretesto di liquidarla completamente, ricorrendo all’uso della forza.
L'atto successivo di questa lotta fu la confisca generalizzata dei beni della Chiesa. Nell'estate del 1921 nella regione del Volga e in altre zone del paese (Siberia, Crimea, Ucraina Meridionale, Azerbajdžan ecc.) a causa della prolungata siccità cominciò una grave carestia. In luglio fu creato il Comitato Panrusso di aiuto agli affamati del Volga ("Pomgol"), di cui entrarono a far parte insigni personaggi estranei al partito bolscevico, che godevano di notevole autorità agli occhi dell'opinione pubblica mondiale. Ma questa iniziativa non trovò sostegno presso le autorità, il comitato fu sciolto, i suoi promotori e dirigenti furono arrestati (e in seguito espulsi dal paese). Nell'agosto del 1921 il Patriarca Tichon si rivolse con una epistola al popolo e benedisse l'offerta volontaria di beni della Chiesa che non avessero uso liturgico. Il Patriarca chiese al potere sovietico che autorizzasse la creazione di un Comitato Ecclesiastico Panrusso e di comitati diocesani nei luoghi in cui la Chiesa poteva soccorrere gli affamati. L'autorizzazione non ci fu, ma la Chiesa continuò a raccogliere offerte. Dopo un anno e mezzo, il 23 febbraio 1922, con una risoluzione del VCIK, fu legalizzata la confisca di tutti gli oggetti preziosi, compresi quelli utilizzati durante la celebrazione, il che secondo i canoni della Chiesa era considerato un sacrilegio.
La requisizione dei beni ecclesiastici, accompagnata da distruzioni nei luoghi di culto, suscitò un'ondata di proteste fra la popolazione. In alcune località fra i credenti e le autorità si ebbero scontri violenti. Grande risonanza ebbero i fatti della città di Šuja, dove gli scontri con le truppe causarono morti e feriti fra i credenti.
Il potere sovietico, come al solito, rispose con pesanti repressioni, preparate al più alto livello. Il 19 marzo 1922 Lenin scrisse un'istruzione segreta, che fu diffusa non solo fra i membri del potere centrale, ma anche fra le autorità locali. L'istruzione prescriveva di "schiacciare con la massima rapidità e spietatezza il clero reazionario", poiché il momento "è non solo eccezionalmente favorevole, ma l'unico in cui abbiamo 99 probabilità su 100 di sgominare completamente il nemico e assicurarci le posizioni necessarie per molti decenni… Quanti più rappresentanti del clero reazionario e della borghesia reazionaria riusciremo a fucilare a questo proposito, tanto meglio."
Nel 1922 nel paese si celebrarono duemila processi, furono fucilati migliaia di credenti, decine di migliaia furono inviati nei lager (così, degli arrestati a Šuja, tre furono fucilati, e sedici condannati al carcere). Il Patriarca Tichon dall'aprile 1922 si trovava agli arresti e più volte fu convocato come testimone al processo di Mosca "dei 54", che si concluse con undici condanne a morte. L'isolamento del Patriarca non solo doveva facilitare l'allontanamento fisico dei rappresentanti più attivi e autorevoli del clero e dei credenti laici, ma consentiva al potere di intraprendere le iniziative necessarie a dare avvio a uno scisma nella Chiesa. Quest'ultimo ebbe un ruolo fatale nel più clamoroso dei processi "antiecclesiastici", quello agli "Ecclesiastici di Pietrogrado" (10 giugno-5 luglio 1922).
Principale imputato di tale processo fu il metropolita di Pietrogrado Veniamin (V.P. Kazanskij). Oltre a lui furono processate 86 persone. Pretesto per la montatura del "caso" fu il rifiuto del metropolita di dare la benedizione a chi collaborava alla confisca degli arredi sacri. Tale rifiuto era stato la conseguenza delle azioni provocatorie compiute dalle autorità dopo aver ricevuto da Mosca le istruzioni di Lenin. Fin dall'inizio di marzo fra Veniamin e la commissione del Pomgol operante presso il VCIK esisteva un accordo, in base al quale la risoluzione del VCIK del 23 febbraio sarebbe stata attuata a condizione che della commissione per la confisca facesse parte un rappresentante delle parrocchie. Ma già intorno al 20 di marzo al metropolita fu annunciato che i beni sarebbero stati confiscati formalmente in quanto "proprietà appartenente allo Stato". Allora un gruppo di sacerdoti "rinnovatori" (A. Vvedenskij, V. Krasnickij e altri) intervenne sulla stampa accusando il clero "reazionario" e "controrivoluzionario” di occuparsi di giochi politici mentre il popolo soffriva la fame; lo stesso gruppo annunciò la creazione della "Chiesa Vivente". Il metropolita scomunicò A. Vvedenskij, mentre la stampa bolscevica sostenne all'unanimità gli scismatici e scagliò minacce contro Veniamin. A Pietrogrado (come del resto in tutto il paese) la confisca dei beni della Chiesa fu quindi accompagnata da tumulti popolari. Sullo sfondo di questi avvenimenti si giunse all'arresto del metropolita (29 maggio) e degli altri imputati del futuro processo.
Le udienze del processo si svolsero nella sala grande della Filarmonica di Pietrogrado, costantemente gremita, mentre davanti all'edificio rumoreggiava una folla di sostenitori degli imputati. Il ruolo di pubblici accusatori fu sostenuto da uno dei dirigenti del Commissariato del popolo alla giustizia, P.A. Krasikov, e dal presidente del Consiglio dei giudici del popolo di Mosca, Smirnov. Il punto centrale dell'accusa era una frase contenuta in una lettera del metropolita, che definiva la confisca un atto di profanazione sacrilega. Difensore del metropolita Veniamin era il celebre avvocato Ja.S. Gurovič. Ma né la brillante arringa di Gurovič, né la pretestuosità dell'accusa poterono cambiare il destino, già segnato, degli imputati.
Il tribunale condannò alla fucilazione dieci persone. Per sei la pena capitale fu commutata in lunghe pene detentive. Per quattro, fra cui il metropolita Veniamin, la condanna fu confermata. Le numerose istanze in loro favore furono respinte da una risoluzione del Plenum del CC della RKP(b). I condannati furono fucilati nella notte fra il 12 e il 13 agosto 1922.
Tuttavia il risultato delle requisizioni di beni ecclesiastici, portate a termine con successo solo a Mosca, Pietroburgo e in alcuni governatorati della parte europea del paese, fu piuttosto deludente. Invece delle centinaia di milioni di rubli che i bolscevichi si aspettavano, la spoliazione delle chiese portò allo Stato circa cinque milioni di rubli-oro in tutto (975 kg d'oro, 777.000 kg d'argento, 238 kg di perle, 36.000 brillanti, 72.000 pietre preziose e così via). Le ricchezze ottenute non giustificavano le risorse spese per effettuare le requisizioni, circa il 5% dei tesori raccolti andò all'esercito, una parte del patrimonio artistico fu venduta all'estero. Nulla si spese per soccorrere gli affamati.

Fonti: M.V. Škarovskij, Dva episoda iz istorii bor'by s cerkov'ju v Petrograde., "Zven'ja", n. 2.
O.Ju. Vasil'eva, P.N. Knyševskij, Krasnye konkistadory, Moskva 1994, pp. 153-205.
N.A. Krivova, Vlast' i cerkov' v 1922-1925 gg. Politbjuro i GPU v bor'be za cerkovnye cennosti i političeskoe podčinenie duchovenstva, Moskva 1997.
Politbjuro i cerkov': 1922-1925 gg. Sb. dokumentov, a cura di N.N. Pokrovskij, S.G. Petrov, Moskva-Novosibirsk, 1997-1998, vv.1-2.
Sankt-Peterburgskaja eparchija v XX veke v svete archivnych materialov. 1917-1941. Sb. dokumentov, a cura di N.Ju. Čerepenin, M.V. Škarovskij, Sankt-Peterburg 2000.
Delo Patriarcha Tichona, a cura di N.A. Krivova, Moskva 2000.