Sentenza sul caso dell'organizzazione controrivoluzionaria di Pietrogrado

Il 1 settembre 1921 i giornali di Mosca e Pietrogrado pubblicarono una comunicazione della VČK "Sulla scoperta a Pietrogrado di una congiura contro il Potere sovietico" e un elenco di 61 fucilati (ma in totale per il "caso Tagancev" furono fucilate più di 80 persone), ciascuno con l'indicazione del capo d'imputazione. Fra i fucilati c'erano soldati e ufficiali, professori e studenti, ingegneri e letterati, rappresentanti di tutti i ceti (dal contadino al principe), persone di tutte le età (dai 19 ai 60 anni) e di tutti i partiti (dai monarchici ai comunisti). Fra essi, il famoso poeta Nikolaj Gumilëv, primo marito della poetessa Anna Achmatova, lo scultore S.A. Uchtomskij, l'economista N.I. Lazarevskij, il chimico M.M. Tichvinskij.
I «congiurati» erano accusati di aver preso accordi con l'ex comitato rivoluzionario di Kronštadt e con il gruppo dei «Delegati dell'assemblea dei rappresentanti delle fabbriche e delle officine di Pietrogrado», un movimento di protesta degli operai creato dopo lo scioglimento dell'Assemblea Costituente, per preparare «un sanguinoso colpo di stato per la fine di agosto o i primi di settembre, epoca di esazione delle imposte in natura». Al «capo dell'organizzazione controrivoluzionaria», il professore dell'università di Pietrogrado V.N. Tagancev, venivano attribuite queste parole: «bruciare le fabbriche, sterminare i giudei, far saltare i monumenti dei comunardi». L'«organizzazione militare di Pietrogrado» (PBO) sarebbe stata responsabile di omicidi e atti di sabotaggio. Fra l'altro, avrebbe progettato di far saltare i depositi centrali di carburante e di assassinare G. Zinov'ev e Maksim Gor'kij.
L'inchiesta coinvolse più di 800 persone. Molti venivano arrestati semplicemente perché il loro nome compariva nei taccuini di chi era stato arrestato prima. Le deposizioni necessarie erano ottenute con i tipici mezzi della Čeka: pressioni fisiche e psicologiche, intimidazioni, provocazioni. La Čeka mirava a dimostrare l'esistenza di un vasto e articolato complotto militare, quando in realtà agli arrestati erano tutt'al più imputabili le loro convinzioni non comuniste e il loro desiderio di mutamenti politici. Non ci fu processo: le sentenze furono pronunciate dal Presidium della Čeka di Pietrogrado. Finora non si conosce per certo il luogo dell'esecuzione dei condannati.
Il "caso della PBO" fu la prima grande azione repressiva dopo il varo della NEP (i čekisti chiamavano il caso di Tagancev "la seconda Kronštadt"), e fu seguito con attenzione da Lenin e dai membri del Politbjuro del VKP(b). L'obiettivo principale di questa montatura giudiziaria era intimidire quei gruppi della popolazione che, secondo i bolscevichi, non erano ancora abbastanza leali verso il nuovo regime. Il potere voleva dimostrare che l'ammorbidimento del regime nella sfera economica non comportava invece alcuna concessione sul piano ideologico e politico.

Fonti: G.E. Mironov, «Načal'nik terrora» («Zagovor Taganceva»), Moskva 1993.

Iz rannich svidetel'stv o «dele PBO». A cura di I. Voznesenskij, "Zvenija. Istoričeskij al'manach", 1, Moskva 1991.

F. Perčenok, D. Zubarev, Na polputi ot polupravd. O tagancevskom dele i ne tol'ko o nem, "In memoriam". Istoričeskij sb. pamjati F.F. Perčenka, Moskva-Sankt-Peterburg 1995.